L’attività cerebrale, uno strumento per rivelare l’autismo nei neonati?
Un depistaggio precoce dell’autismo, generalmente diagnosticato intorno ai due anni, aiuterebbe la presa in carico della malattia, che colpisce circa l’1% della popolazione e si traduce con delle difficoltà a comunicare con il mondo esterno. Uno studio pubblicato venerdi’ nella rivista scientifica Current Biology, indica che sarebbe possibile rilevare precocemente l’autismo misurando l’attività cerebrale. Per arrivare a questa scoperta, i lavori si sono concentrati su 104 bebè dai 6 ai 10 mesi che presentavano un rischio elevato d’autismo nella misura in cui uno o piu’ fratelli o sorelle maggiori manifestavano già la sindrome. Basandosi sul fatto che generalmente i bambini autistici evitano di guardare le persone negli occhi, i ricercatori hanno misurato tramite dei sensori l’attività cerebrale dei neonati mentre gli venivano mostrati dei visi che li guardavano direttamente o al contrario li evitavano. I risultati degli studi mostrano una differenza significativa delle onde cerebrali in funzione dei due tipi di immagini presentate a neonati a basso rischio d’autismo, o che non hanno sviluppato la malattia nel gruppo a rischio. Al contrario, la risposta cerebrale dei bebè in seguito diagnosticati autistici si è rivelata piu’ neutra, riporta l’AFP (Agenzia Stampa Francese).
Il professore Mark Johnson del Birkbeck College dell’Università di Londra, co-autore dello studio, sottolinea tuttavia che il test non ha funzionato al 100%, alcuni bambini che mostravano tratti d’autismo non hanno sviluppato la malattia in seguito. ” Degli studi complementari sono necessari per determinare se le misure dell’attività cerebrale come quelle utilizzate nel nostro studio possano giocare un ruolo nell’ identifcazione dei bambini autistici a uno stadio precoce, ha aggiunto”.
Tradotto da Mondo Aspie, articolo originale qui