Laura, i suoi figli di 4 e 6 anni sono entrambi autistici. Fino a dicembre facevano delle terapie continuative in day hospital, nella vostra regione, la Lombardia. Ma da gennaio una nuova legge ha ridotto la durata di queste cure.
Ci spiega cosa è successo?
Con il 2012 è entrata in vigore una legge regionale approvata a marzo scorso, che ha riorganizzato i ricoveri giornalieri. Di fatto, ha cancellato la possibilità di effettuare i day hospital di lungo periodo.
Perché il day hospital continuativo è così importante per la cura dell’autismo?
Perché era la formula utilizzata per permettere a tanti bambini di ricevere terapie continuative gratis. Nel nostro caso i day hospital si effettuavano a “La nostra famiglia” di Bosisio Parini (Lecco), un centro privato convenzionato con la mutua in cui io e tante altre famiglie lombarde portavamo i nostri figli.
E invece con la nuova legge cosa è successo?
Prima i bambini potevano curarsi per un totale di 22 mesi: Niccolò, il più piccolo, aveva già fatto un anno di terapie. Giacomo, il più grande, otto mesi. Ora i day hospital non potranno protrarsi per più di cinque mesi.
Una bella differenza: sono troppo pochi?
Assolutamente sì. L’autismo necessiterebbe di terapie vita natural durante: capisco che questo sia impossibile. Ma cinque mesi sono davvero un periodo risibile, che non permette ai bimbi di migliorare.
E ora i suoi e gli altri bambini come faranno?
Tutti i bimbi in cura presso il centro verranno dimessi prima di aver completato il loro percorso. La struttura offre altre terapie nelle sue sedi periferiche, ma sono cure non intensive da tre ore a settimana che durano un anno. Pensi che i neuropsichiatri consigliano cure da 40 ore a settimana in età infantile. In pratica ora le famiglie sono abbandonate al loro destino.
Ma non esistono strutture pubbliche per la cura dei bimbi autistici?
Il compito spetterebbe alle Unità operative di neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza (U.o.n.p.i.a.), distaccamenti delle Asl. Ma per seguire un bambino autistico ci vogliono un neuropsichiatra, un logopedista, un educatore, un psicomotricista: quando sono andata alla U.o.n.p.i.a. di Rho, competente per il mio Comune (Arese), mi hanno candidamente detto che non avevano né i soldi né il personale qualificato per curare i miei figli. Rimanevano due strade: o il centro privato convenzionato, oppure pagare tutto da soli.
Quanto costano le terapie nei centri privati?
Circa 1.500 euro al mese. Una cifra altissima, e nonostante questo c’è già la fila: i centri privati specializzati in autismo sono pochi, in tutta Italia. Non oso immaginare cosa accadrà ora in Lombardia con la nuova legge: arriveremo alla situazione assurda per cui anche chi può pagare non potrà curare i propri figli perché i centri non avranno più posto.
Questa legge è regionale: com’è la situazione fuori dalla Lombardia?
Non credo sia migliore: magari non c’è il tetto alle terapie in day hospital, ma le strutture pubbliche non hanno comunque risorse e i centri privati convenzionati sono pochi. La situazione di abbandono rispetto alla disabilità è la stessa, in Lombardia o nelle altre regioni.
Che cosa dovrebbe fare lo Stato per i malati di autismo, disabili al 100%, e per le persone afflitte da handicap in generale?
Non abbandonarle. Garantire loro il diritto alla salute, come dice la Costituzione. Ma sa perché? Perché in tanti casi di disabilità, e in quello dell’autismo sicuramente, le cure funzionano. I miei bambini sono migliorati moltissimo: io sono quasi una privilegiata, perché con i 12 e gli otto mesi di terapie Niccolò e Giacomo hanno fatto passi da gigante. Penso a quei bimbi che hanno appena iniziato il percorso e vengono già dimessi: un dramma.
Che cosa chiede, Laura?
L’apertura di centri specializzati sul territorio. Se i bambini autistici ricevono terapie, anche solo fino ai 7-8 anni, possono migliorare moltissimo e condurre vite quasi normali. Da adulti possono trovare lavoro e non stare a carico dell’Inps. Lo Stato dovrebbe essere meno miope, investire sulle cure nell’infanzia per avere meno costi sociali sul lungo periodo.
Lei come ha affrontato la disabilità dei suoi figli?
Quando ti dicono che tuo figlio è autistico provi un dolore inimmaginabile: è una delle malattie peggiori a livello neurologico. È come ricevere la notizia di un lutto: va elaborata. Conosco genitori che dopo anni non l’hanno ancora accettata. Si tira avanti aggrappandosi ai progressi quotidiani. Se ci tolgono le terapie, però, come facciamo?
Alessandra Dal Monte
http://city.corriere.it/2012/01/26/interviste.shtml