Sull’Independent, il fondatore di Wikileaks racconta cos’è stato per lui essere hacker
Parla a ruota libera sulle pagine del quotidiano britannico The Independent, Julian Assange il proprietario del discusso sito Wikileaks. E fra tutte le dichiarazioni, spicca la sua
I am – all hackers are- a little bit autistic.
L’AUTOBIOGRAFIA NON AUTORIZZATA – Le confessioni di Assange escono oggi sulle pagine dei quotidiani in concomitanza con la sua autobiografia non autorizzata. L’ex hacker ha però tentato di bloccare il libro perché secondo lui si basava troppo sulle sue vicende personali, mentre Assange avrebbe voluto che fosse anche un manifesto politico.
COSA SIGNIFICA ESSERE HACKER – Anch’io da giovane ho iniziato a soffrire dei disagi tipici degli hackers: mancanza di sonno, curiosità senza fondo, univocità, e l’ossessione per la precisione. Quando diventi un hacker adulto- ha spiegato Assange- hai un consapevolezza sconvolgente. Puoi camminare per la strada mentre vai al supermercato e incontrare persone che conosci o per le quali non sei nessuno ma per te conta solo che hai passato la notte in bianco per mettere in ginocchio i sistemi della NASA.
IL BELLO DELLA VIOLAZIONE DEI SISTEMI – Una volta, ha raccontato il proprietario di Wikileaks, siamo stati anche in grado di penetrare nei sistemi della polizia. Ci ha aiutati un poliziotto che si chiamava Ken Day e che era ossessionato dalla nostra attività anche se poi in seguito sarebbe diventato il nostro nemico.
MENDAX – Ogni hacker ha un nome fittizio. Il mio era Mendax, nome preso dallo “Splendide Mendax” di Orazio, mi piaceva l’idea -dice Assange- che si nasconde dietro un nome falso che nasconde la vera identità e il luogo in cui si trova l’individuo reale.
http://www.giornalettismo.com/archives/150773/assange-anche-io-sono-un-po-autistico/