L’appello di una mamma al blog” Aiutateci a far conoscere la nostra situazione. I nostri figli vivono nell’indifferenza delle istituzioni”
Gentilissima Redazione di Cado in piedi,
Vi scrivo per segnalare gravi disservizi, se non veri e propri atti discriminatori, attuati da parte dei servizi pubblici preposti alla cura dei minori, nella più totale indifferenza delle autorità.
Non ho intenzione di soffermarmi su quella che considero una battaglia di dignità personale e scrivo a nome di altri genitori che vivono le medesime sofferenze sul territorio nazionale, in particolar modo nella tanto decantata Emilia Romagna.
Espongo in breve la situazione di mio figlio.
Il bambino è stato certificato come affetto da ADHD alla fine della scuola materna, ma non è stato effettuato nessun monitoraggio sulla sua diagnosi, né sono stati posti in essere interventi di alcun genere. Io ero da sola ad occuparmi di mio figlio, perché suo padre se n’è andato quando era piccolo.
Nel corso degli anni, ho fatto presenti agli operatori della NPI (Neuropsichiatria infantile) i particolari comportamenti che mi preoccupavano, ma non ho mai ottenuto nessuna risposta, nessuna rivalutazione della diagnosi, sebbene anche la scuola segnalasse un isolamento del ragazzino, incapacità nell’interazione e nelle abilità sociali, insieme a disturbi di apprendimento, problemi disprassici, difficoltà di concentrazione.
Nel corso degli anni sono cambiati diversi referenti della NPI che avrebbero dovuto seguirlo. In particolare un referente, poi andato in pensione a fine 2009, ha tolto a mio figlio la certificazione e l’insegnante di sostegno. A scuola, però, hanno iniziato a sorgere molti problemi e il ragazzo ha maturato un’ insufficenza grave in tutte le materie.
Vengo a sapere che la NPI ha un nuovo coordinatore, al quale spiego la mia preoccupazione e chiedo una nuova rivalutazione che tenga conto di tutti i problemi segnalati fin da piccolo. Il bambino viene fatto rivalutare e il risultato è che non ha più niente, è guarito, è soltanto discalculico.
Io faccio presente che mio figlio presenta un peggioramento, e ritengo che non sia stato valutato con l’attenzione necessaria. Per cui, malgrado le resistenze, mi reco presso un centro sanitario di Roma che ha un’ eccellenza nel campo della diagnosi dell’ADHD e dei disturbi pervasivi di sviluppo. Mio figlio viene preso in carico da un’ équipe di dottoresse, che lo valutano in modo attento e scrupoloso: in quattro giorni vengono effettuati test e viene presa visione della cartella che ho ritenuto opportuno portare.
Il risultato della valutazione è che mio figlio è affetto da sindrome di Asperger e, in ragione di questo, vengono richieste indagini strumentali mai effettuate dagli operatori della NPI della nostra provincia, da associare a un intervento educativo in un piccolo gruppo presso la Asl di appartenenza.
Tornata a casa, mi reco dal coordinatore della mia Asl e chiedo che venga effettuata una diagnosi differenziale secondo le linee guida del Sinpia, visti i diversi problemi riscontrati. La risposta, è un netto rifiuto ad accogliere la diagnosi di Roma.
Intanto mio figlio, ancora senza certificazione e senza insegnante di sostegno, viene bocciato per la seconda volta alle superiori.
Finalmente, dopo molte insistenze, la scuola relaziona per iscritto alla NPI circa i problemi più importanti che ravvisa su mio figlio: totale isolamento, incapacità nelle relazioni con i pari, postura rigida e testa abbassata, evidenti difficoltà di apprendimento, mancanza di concentrazione, estrema distraibilità con conseguente fuga dalla classe.
Scrivo al coordinatore NPI e chiedo di cambiare il referente per mio figlio e di recarmi presso una struttura convenzionata. Ma purtroppo non cambia molto, perché questi signori non si mettono l’uno contro l’altro. A mio figlio intanto viene affibbiata una lunghissima diagnosi psichiatrica, con rivedibilità a meno di un anno di distanza, costringendoci così ad una nuova visita.
Per quest’ anno sono stata costretta a cambiare scuola. Nella nuova struttura le cose vanno meglio, ha l’insegnante di sostegno anche se soltanto per sei ore, e anche mio figlio è un po’ più sereno, sebbene il problema dell’isolamento permanga.
Ad oggi non riceve nessun tipo di cura, ma ha bisogno di essere abilitato socialmente. Oltretutto, non è più piccolo, compie 17 anni a Maggio e comincia a diventare consapevole del suo problema.
Spesso sembra depresso, e ho timore che nel tempo possa arrivare a compiere un gesto grave oppure a diventare davvero psichiatrico.
Faccio altresì presente che ci sono diverse famiglie con figli con problemi riferibili all’autismo che non ricevono nessun tipo di riabilitazione terapeutica, né hanno sostegni adeguati dalla scuola. La mancanza di chiarezza diagnostica e di spiegazione del problema da parte delle NPI locali, determina l’incapacità da parte della scuola stessa di occuparsi adeguatamente dei minori con questa tipologia di problema, con gravi ricadute sulla prognosi anche a lungo termine. Non abilitandoli oggi, in futuro questi bambini e ragazzi graveranno pesantemente sulle famiglie ma anche sul servizio sanitario e previdenziale.
Di recente, un ragazzo si è suicidato in Romagna, e altri episodi gravi potrebbero accadere in famiglie lasciate sole, allo stremo delle forze.
Vi chiedo aiuto per far conoscere la nostra situazione.
Grazie per l’attenzione.
Vi scrivo per segnalare gravi disservizi, se non veri e propri atti discriminatori, attuati da parte dei servizi pubblici preposti alla cura dei minori, nella più totale indifferenza delle autorità.
Non ho intenzione di soffermarmi su quella che considero una battaglia di dignità personale e scrivo a nome di altri genitori che vivono le medesime sofferenze sul territorio nazionale, in particolar modo nella tanto decantata Emilia Romagna.
Espongo in breve la situazione di mio figlio.
Il bambino è stato certificato come affetto da ADHD alla fine della scuola materna, ma non è stato effettuato nessun monitoraggio sulla sua diagnosi, né sono stati posti in essere interventi di alcun genere. Io ero da sola ad occuparmi di mio figlio, perché suo padre se n’è andato quando era piccolo.
Nel corso degli anni, ho fatto presenti agli operatori della NPI (Neuropsichiatria infantile) i particolari comportamenti che mi preoccupavano, ma non ho mai ottenuto nessuna risposta, nessuna rivalutazione della diagnosi, sebbene anche la scuola segnalasse un isolamento del ragazzino, incapacità nell’interazione e nelle abilità sociali, insieme a disturbi di apprendimento, problemi disprassici, difficoltà di concentrazione.
Nel corso degli anni sono cambiati diversi referenti della NPI che avrebbero dovuto seguirlo. In particolare un referente, poi andato in pensione a fine 2009, ha tolto a mio figlio la certificazione e l’insegnante di sostegno. A scuola, però, hanno iniziato a sorgere molti problemi e il ragazzo ha maturato un’ insufficenza grave in tutte le materie.
Vengo a sapere che la NPI ha un nuovo coordinatore, al quale spiego la mia preoccupazione e chiedo una nuova rivalutazione che tenga conto di tutti i problemi segnalati fin da piccolo. Il bambino viene fatto rivalutare e il risultato è che non ha più niente, è guarito, è soltanto discalculico.
Io faccio presente che mio figlio presenta un peggioramento, e ritengo che non sia stato valutato con l’attenzione necessaria. Per cui, malgrado le resistenze, mi reco presso un centro sanitario di Roma che ha un’ eccellenza nel campo della diagnosi dell’ADHD e dei disturbi pervasivi di sviluppo. Mio figlio viene preso in carico da un’ équipe di dottoresse, che lo valutano in modo attento e scrupoloso: in quattro giorni vengono effettuati test e viene presa visione della cartella che ho ritenuto opportuno portare.
Il risultato della valutazione è che mio figlio è affetto da sindrome di Asperger e, in ragione di questo, vengono richieste indagini strumentali mai effettuate dagli operatori della NPI della nostra provincia, da associare a un intervento educativo in un piccolo gruppo presso la Asl di appartenenza.
Tornata a casa, mi reco dal coordinatore della mia Asl e chiedo che venga effettuata una diagnosi differenziale secondo le linee guida del Sinpia, visti i diversi problemi riscontrati. La risposta, è un netto rifiuto ad accogliere la diagnosi di Roma.
Intanto mio figlio, ancora senza certificazione e senza insegnante di sostegno, viene bocciato per la seconda volta alle superiori.
Finalmente, dopo molte insistenze, la scuola relaziona per iscritto alla NPI circa i problemi più importanti che ravvisa su mio figlio: totale isolamento, incapacità nelle relazioni con i pari, postura rigida e testa abbassata, evidenti difficoltà di apprendimento, mancanza di concentrazione, estrema distraibilità con conseguente fuga dalla classe.
Scrivo al coordinatore NPI e chiedo di cambiare il referente per mio figlio e di recarmi presso una struttura convenzionata. Ma purtroppo non cambia molto, perché questi signori non si mettono l’uno contro l’altro. A mio figlio intanto viene affibbiata una lunghissima diagnosi psichiatrica, con rivedibilità a meno di un anno di distanza, costringendoci così ad una nuova visita.
Per quest’ anno sono stata costretta a cambiare scuola. Nella nuova struttura le cose vanno meglio, ha l’insegnante di sostegno anche se soltanto per sei ore, e anche mio figlio è un po’ più sereno, sebbene il problema dell’isolamento permanga.
Ad oggi non riceve nessun tipo di cura, ma ha bisogno di essere abilitato socialmente. Oltretutto, non è più piccolo, compie 17 anni a Maggio e comincia a diventare consapevole del suo problema.
Spesso sembra depresso, e ho timore che nel tempo possa arrivare a compiere un gesto grave oppure a diventare davvero psichiatrico.
Faccio altresì presente che ci sono diverse famiglie con figli con problemi riferibili all’autismo che non ricevono nessun tipo di riabilitazione terapeutica, né hanno sostegni adeguati dalla scuola. La mancanza di chiarezza diagnostica e di spiegazione del problema da parte delle NPI locali, determina l’incapacità da parte della scuola stessa di occuparsi adeguatamente dei minori con questa tipologia di problema, con gravi ricadute sulla prognosi anche a lungo termine. Non abilitandoli oggi, in futuro questi bambini e ragazzi graveranno pesantemente sulle famiglie ma anche sul servizio sanitario e previdenziale.
Di recente, un ragazzo si è suicidato in Romagna, e altri episodi gravi potrebbero accadere in famiglie lasciate sole, allo stremo delle forze.
Vi chiedo aiuto per far conoscere la nostra situazione.
Grazie per l’attenzione.
Una mamma disperata