L’autismo è un disturbo della cognizione sociale?
Di Baudouin Forgeot d’Arc, psichiatra del Programma Autismo dell’Ospedale Rivière-des-Prairies, a Montreal (Canada) e ricercatore del centro di ricerca e salute mentale dell’Università di Montreal.
L’atipicità del funzionamento sociale è un aspetto centrale dell’autismo. Come si puo’ spiegare? Alcuni modelli esplicativi insistono sul carattere specifico delle particolarità cognitive. Per altri, questi meccanismi sono solo un aspetto di particolarità cognitive che colpiscono tutti i campi…
Le atipie del comportamento sociale fanno parte della definizione di autismo: “ritiro”, “indifferenza”, “bizzarrie” sono tutti termini associati alle sue descrizioni. Parallelamente, l’integrità fisica e conservazione del funzionamento nei differenti campi cognitivi hanno contribuito all’idea che l’autismo riflette un’attacco primario e specifico delle funzioni sociali. Per questo le descrizioni dell’autismo hanno sempre lasciato spazio a delle particolarità non specificatamente sociali: i comportamenti ripetitivi (stereotipie e rituali), il carattere ristretto dei centri d’interesse e la loro natura sensoriale, o ancora la reattività atipica alle stimolazioni. In mezzo ai modelli psicologici (1) scientifici dell’autismo, c’e’ ne sono alcuni che insistono sul coinvolgimento dei processi sociali e altri sulle particolarità generali del funzionamento. Andremo a discutere questi modelli differenti.
Immaginare i pensieri e le intenzioni degli altri
La complessità e la quantità delle interazioni sociali hanno avuto un grande impatto sulla sopravvivenza e il successo riproduttivo dei nostri antenati. La mente umana eredita cosi’ la modellatura per l’evoluzione di strumenti altamente performanti in questo campo cruciale. Delle funzioni percettive permettono di rilevare in un viso o in un timbro della voce numerose informazioni, come l’identità o l’emozione. Delle basi concettuali permettono di attribuire agli altri pensieri, scopi, opinioni, e di collegarli all’insieme della nostra rete di conoscenze. Meccanismi d’attenzione che catturano presto l’interesse dei piccoli umani verso il contesto sociale che permetteranno di sviluppare una valutazione sociale ulteriore. L’autismo sarebbe quindi l’espressione di un mancato funzionamento di questi sistemi specializzati?
Questa mattina, quando mia figlia è entrata nella cucina , mi sono detto:” Se avesse saputo che il cioccolato era sparito, non avrebbe aperto il cassetto per cercarlo, a meno che non voglia farmi credere che è innocente…”. Questo semplice gesto verso un cassetto ha suscitato in me una cascata di attribuzioni di eventi mentali, pensieri e intenzioni, collegate da meccanismi ( pensa cio’ perchè sa questo…). Il pensiero di mia figlia era invisibile, la chiamiamo “teoria della mente”, uno strumento cognitivo che permette di supporre la sua esistenza e le sue proprietà. Negli anni 80, l’idea che questo meccanismo potesse essere difettoso negli autistici ebbe una notevole influenza. L’incapacità di rappresentare il pensiero degli altri fornirebbe una spiegazione comune a sintomi apparentemente distanti, come la difficoltà degli autistici a capire l’intenzione del linguaggio (come ad esempio l’ironia) o ancora l’assenza nei giochi di ruolo. Diversi esperimenti hanno effettivamente dimostrato che il ragionamento degli autistici sul pensiero degli altri è nella media meno efficente. Pero’, alcuni autistici che hanno un alto livello di linguaggio, superano questi test, e quindi non possiamo dire che gli autistici in generale non hanno una teoria della mente. Tuttavia, anche negli adulti autistici con un alto livello intellettuale, il ragionamento su delle situazioni sociali complesse sembra meno spontaneo e meno efficace. Parallelamente, l’attivazione delle regioni cerebrali coinvolte in questi processi è minore negli autistici rispetto ai non autistici.
La percezione del contesto sociale
Le interazioni sociali mettono in gioco dei processi percettivi specifici che sembrano funzionare in maniera diversa negli autistici. Per esempio, nei non-autistici, il riconoscimento dei volti si basa sulla loro configurazione, cioè sulla distanza relativa tra le due parti del viso. Gli autistici sono capaci di riconoscere i volti, ma si basano di piu’ sulla forma dei dettagli. Il riconoscimento di un volto attiva le stesse regioni cerebrali degli autistici e dei soggetti non autistici. Tuttavia, mentre queste regioni sembrano reagire specificatamente ai volti nei soggetti non-autistici, negli autistici invece queste regioni cerebrali reagiscono anche con altri oggetti. Alcuni autistici sono capaci di riconoscere le espressioni facciali. Erano state riscontrate delle difficoltà in questo campo, ma uno studio recente su un gruppo numeroso di adolescenti senza deficit intellettuale ha dimostrato che non ci sono differenze importanti tra autistici e non-autistici. Per testare la rilevazione dell’intenzionalità nel movimento, vengono presentati dei punti o delle forme astratte eseguendo dei movimenti a caso, o al contrario alla maniera dei personaggi. Una parte dei soggetti autistici è riuscita a rilevare il movimento intenzionale. Eppure, le regioni cerebrali interessate sembrano attivarsi in generale di meno negli autistici in presenza di questi stimoli.
Cosi’, i diversi processi di percezione sociale fanno apparire delle differenze, ma non dei deficit che possono sembrare profondi e universali nell’autismo. L’eterogeneità dei risultati è anche il fenomeno piu’ accertato ! E sembra legata alla varietà dei test utilizzati, delle persone autistiche e dei possibili meccanismi cognitivi coinvolti. Essa suggerisce anche l’esistenza di meccanismi di compensazione.
1) La nozione di modello psicologico, o cognitivo, non pregiudica assolutamente la casualità tra la biologia e la psicologia nell’autismo. Si tratta di un livello di descrizione che s’interessa alla funzione trattante dell’informazione.Riguardo all’autismo, data l’importanza dei fattori biologici, la plausibilità biologica dei modelli cognitivi è tuttavia una questione essenziale.
Articolo tradotto e riadattato da Mondo Aspie, Fonte: Pseudo-sciences.org
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