Autismo: quando i servizi sociali diventano i nemici dei genitori

Valentin si diverte con la batteria
Valentin si diverte con la batteria

Valentin 12 anni, ha la sindrome di Asperger. Sua madre, Véronique, ha dovuto battersi contro i servizi sociali per mantenere l’affidamento. E la giustizia le ha dato ragione.

Ogni anno, delle famiglie che si oppongono ai metodi di alcuni psichiatri si ritrovano in tribunale, con il rischio che i loro bambini gli vengano tolti. Inchiesta su un sistema aberrante, nel momento in cui si è sollevato un dibattito sul trattamento di questo disturbo.

E’ diventato un riflesso. Quando passa davanti alla finestra del suo studio, butta un occhio sulle macchine che parcheggiano davanti all’entrata del palazzo. “Ancora oggi, ho paura che qualcuno venga e porti via mio figlio, ci confida Véronique Gropl, 51 anni. Non ho piu’ le valige pronte per partire alla minima avvisaglia, ma resto sul chi va là”.  Eppure, tre anni sono passati, da quando il tribunale per i minori di Créteil (Val-de-Marne) ha verificato che il bambino, autistico, non è in pericolo. Il giudice ha confortato Véronique nella scelta di creargli una classe, nella sua casa, rendendo la sentenza un non-luogo a procedere. La seconda, nella vita movimentata di Valentin, 12 anni.

Dei casi decisi a porte chiuse

Quando suo figlio è nato, Véronique abitava ancora a Nizza, sua città d’origine, dove dirigeva un’azienda specializzata nelle installazioni di telefonia mobile che contava 50 dipendenti. Si preoccupa, all’asilo, nel vedere Valentin strapazzato dagli altri bambini e si rivolge in un centro medico-psicologico del suo quartiere. La neuropsichiatra non scopre niente di preoccupante nel bambino. Pero’ in rivincita, trova la madre bizzarra e la segnala al procuratore per sospetti maltrattamenti. I servizi sociali arrivano e interrogano Véronique, che scappa con suo figlio di 5 anni tra le braccia rifugiandosi nella periferia parigina, presso la sua primogenita, ancora studente. Là, bussa a tutte le porte fino a che non ottiene la conferma della sua intuizione. I disturbi di Valentin erano legati ad una forma attenuata d’autismo, la sindrome di Asperger. E non ad una cattiva educazione…L’inchiesta aperta a Nizza si conclude con una sentenza di non-luogo a procedere. La prima. Ma, basta in seguito, il rifiuto di Véronique d’iscrivere suo figlio in un ospedale diurno, una struttura psichiatrica che lei giudicava inadatta, per far arrivare una nuova segnalazione presso il procuratore che si chiude ancora una volta con un altra sentenza di non luogo a procedere.

Véronique si ritiene fortunata. Altri genitori, non hanno mai incontrato medici capaci di formulare una diagnosi d’autismo. Ne trovano le energie per creare un programma educativo su misura per il loro bambino che si trova internato in un ospedale psichiatrico, oppure presso una casa famiglia, su decisione del tribunale. Tanti casi giudicati a porte chiuse senza che le famiglie abbiano una copia del dossier ( la protezione di un minore implica anche quella delle persone che segnalano i casi di matrattamento). Parecchie associazioni di genitori di soggetti autistici denunciano questa realtà sconosciuta, che sfugge alle statistiche. E soprattutto, affermano che le segnalazioni colpiscono dei genitori competenti il cui unico torto è aver rifiutato le cure che gli erano state proposte. ” Alcuni psichiatri o direttori di centri specializzati esercitano un ricatto sulle famiglie, dice Danièle Langloys, la presidente della Federazione Autisme France. E utilizzano le minacce: “se non ci lasciate il vostro bambino, dovrete rispondere davanti al tribunale dell’accusa di negligenza”. Un riferimento all’articolo 375 del Codice Civile, che permette al giudice di prendere delle misure per proteggere dei minori in pericolo. Il presidente di Vaincre l’autisme, M’Hammed Sajidi, ritiene che la legge sia troppo spesso sviata. “Degli psichiatri utilizzano questo riferimento per imporre dei trattamenti che i genitori non vogliono utilizzare, nonostante la salute dei bambini non sia minacciata” dichiara indignato. La fonte del problema ? Numerosi genitori rivendicano la libera scelta dei metodi nella presa in carico per i loro figli. E rifiutano, in particolare, le terapie psicanalitiche, che l’Alta Autorità della salute (HAS) si appresta a disconoscere.

In Francia, due scuole si affrontano nella presa in carico dei disturbi pervasivi dello sviluppo (PDD), una denominazione che raggruppa le difficoltà nella comunicazione che appaiono durante l’infanzia, tra cui l’autismo. Da una parte,  gli psichiatri d’obbedienza psicanalitica, gli “psykk”, come li chiamano, vendicatori, i genitori che li vilipendiano nei forum di discussione. Essi considerano l’autismo come un problema psichico causato da cattive relazioni con la famiglia, e con la madre in particolare. Una teoria invalidata dalle scoperte delle neuroscienze. Dall’altra, gli psichiatri e psicologi che difendono i nuovi metodi educativi e comportamentali utilizzati all’estero. Ci sono infatti consensi internazionali per definire l’autismo come una  disabilità nella quale le capacità nell’interagire con l’ambiente sono alterate, ma si possono compensare. I genitori si scambiano come sesami magici i nomi di queste equipe, troppo poche, anche per traslocare e avvicinarsi a loro.

Cosi, certi medici o istituzioni della “vecchia scuola” s’impantanano in quella che sembra una guerra di trincea contro i genitori. Con, le segnalazioni come effetti collaterali. L’estate scorsa, nel Calvados M.L. decide di ritirare suo figlio Benjamin (1), 7 anni, dall’ospedale diurno , “dove regrediva invece di progredire”. La stessa sera, la neuropsichiatra responsabile del servizio allerta i servizi sociali. La famiglia L.  patisce cinque mesi di attenta indagine. Vengono accusati di trascurare la salute di Benjamin. La scusa per attaccarli? Un piccolo morso di un cane che non sarebbe stato curato. ” Meno male che avevamo portato nostro figlio presso il medico di famiglia , che ha testimoniato in nostro favore”, si rallegra M.L. Finalmente, le capacità dei genitori sono state riconosciute. In effetti,  Benjamin va a scuola , in una classe per bambini con disabilità; è seguito sul piano medico e frequenta sedute d’ortofonia e psicomotricità.

Come altri genitori accusati ingiustamente, M.L è convinta che la neuropsichiatra  abbia agito “per vendetta”. Questa professionista interpellata dal nostro giornale  non ha voluto rispondere. Ma uno dei suoi colleghi che esercita la professione nella Savoia, un dipartimento noto per l’approccio moderno all’autismo, presume che tali segnali rivelino ignoranza. A due riprese, il Dr Stéphane Cabron  sollecitato da delle famiglie  è finito sotto la lente di un’indagine sociale, in un altro dipartimento, dopo aver rifiutato l’ospedale diurno e richiesto una scolarizzazione. ” Ho valutato i bambini, e in entrambi i casi, le richieste dei genitori erano pertinenti, afferma. Un bambino autistico di buon livello intellettuale puo’ seguire una scolarità normale. E indipendentemente dalle sue capacità, la strategia adeguata oggi , è mantenerlo il piu’ possibile nella vita comunitaria. ” Nel campo complesso dell’autismo, l’evoluzione delle conoscenze provoca delle resistenze ai cambiamenti”.” Certi gruppi di lavoro rimproverano ai genitori un comportamento di vagabondaggio nelle cure o la messa in pericolo del loro bambino perchè non voglio passare ad altri modi di presa in carico”, spiega la Dott.ssa Nadia Chabane dell’ospedale Robert-Debré, a Parigi.

I genitori, spesso, ottengono sentenze di non luogo a procedere

Nel caso di Yassine, è stata la volontà dei genitori di volerlo iscrivere alle scuole medie che ha provocato la segnalazione ai servizi sociali. E’ il terzo di una famiglia di quattro bambini di origine marocchina, che abita a Boulogne-Billancourt (Hauts-de-Seine). Il bambino ha 5 anni quando entra in un ospedale diurno, e 12 quando sua madre, assistente in un asilo, decide che è capace di leggere e scrivere. La neuropsichiatra non è d’accordo. ” Allora ho intrapreso  il percorso da sola, racconta Mina Borous. E quando ho ottenuto un posto in una classe per bambini disabili , sono incominciate le noie”. L’ospedale cercava d’intimidirmi e minacciava di fare ritirare mio figlio. La neuropsichiatra mi telefonava a casa dicendomi: ” Vedremo chi vincerà, lei o io ! Vostro figlio non andrà mai a scuola!” L’ospedale invia una segnalazione e i genitori vengono convocati al consiglio generale del servizio per la piccola infanzia. “Là, ho parlato, ho parlato, nonostante il mio accento, si ricorda Mina. Se è un crimine chiedere che mio figlio possa frequentare la scuola, allora ho commesso un crimine e saro’ condannata, ma che lascino Yassine tranquillo”. I genitori hanno vinto la causa e Yassine è entrato nella scuola media in complemento all’ospedale diurno. Oggi, ha 18 anni, e sa leggere e scrivere.

In decine di casi che l’Express ha potuto esaminare, le famiglie hanno ottenuto la sentenza di non luogo a procedere dalla giustizia o la chiusura dell’inchiesta sociale. Il segnale forse che questi casi diventeranno sempre di piu’ rari.

 (1) Il nome è stato cambiato

Tradotto da Mondo Aspie, articolo originale lexpress.fr qui

Valentin
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